Biografia

Una vita tra luce, materia, colore, spazio e segno.

Nata a Parma, Candida Ferrari, fin dagli anni della sua formazione accademica, instaura un profondo rapporto con Milano.
Allieva di Guido Ballo si avvicina all’opera di Atanasio Soldati sul quale svolge la tesi.
Negli anni ‘70 aderisce ai movimenti di arte concettuale e cinetica dell’area milanese, proponendo il suo pensiero nel panorama culturale di Parma, città molto viva in quegli anni fra teatri di ricerca e gallerie attente ai nuovi passaggi artistici.
Inizia poi la sua ricerca sulle materie plastiche, soprattutto il plexiglas trasparente, proseguita nel tempo, uscendo inoltre dagli ambienti interni per inserirsi con istallazioni di luce negli spazi urbani e nel paesaggio. Nel 1983 Candida Ferrari propone gestualità essenziali nel calco invisibile del plexiglas, evidenziati dal curatore Roberto Tassi, come scelte senza ritorno propositive di una riorganizzazione del percorso svolto. Gianni Cavazzini attento osservatore al lavoro dell’artista, scandisce per fasi creative la relazione tra il linguaggio scenico e il limite del supporto e in tal senso Candida Ferrari porta la ricerca scenico-cromatica nei confini del bianco e della sua luce. Estraniata dalla tela e proiettata in ambienti urbani caratterizzati storicamente, come lo stadio di Domiziano a Roma e la Chiesa della Steccata a Parma, la luce d’arte di Candida Ferrari è la possibilità per cogliere l’oltre o l’invisibile del luogo attraverso l’immaterialità del media. Questa luce sorge dall’estensione del bianco in un percorso verso la centralità del pensiero. Da quest’ultima configurazione creativa l’artista elabora il

passaggio pittorico verso un’affermazione di presenza nelle differenti condizioni luministiche. La storia di Candida Ferrari è racchiusa nella pericolosa relazione tra luce, materia-colore, spazio e segno: un percorso testimoniato da opere e mostre come “Struttura e Psicologia della gestalt in Candida Ferrari” a cura di Arturo Carlo Quintavalle; “Trasparenze” 1985, Palazzo dei Diamanti (Ferrara) a cura di Franco Farina e Roberto Tassi; come a Sant’Ilario (Reggio Emilia) ‘87 a cura di Claudio Cerritelli; “In-out” ‘91 a Parma (galleria Mazzocchi) a cura di Luciano Caramel; “Immaginaria 92” (2° premio) a Palazzo Durini a cura di Achille Bonito Oliva e Daniela Palazzoli; a Milano (1993) a cura di Walter Guadagnini; e come Il Monumento ai caduti per il comune di Vianino, Parma, Roma e New York a Ginevra; e successivamente in “Stati del Bianco a Roma e a Taormina”; a Milano nella Galleria Maria Cilena; a Roma in “Accordi di luce”, a cura di Vittoria Biasi, presso lo Stadio di Domiziano; poi Londra, Osaka e Hong Kong, Salò, Mantova, Firenze, Roma, Milano, a Parma nella Galleria San Ludovico, a cura di Giorgio Bonomi.
Le ultime opere sono connotate dall’uso del bitume, materia seducente per la disponibilità a catturare la luce che restituisce nell’oscurità come bagliori di un firmamento. L’arte dell’effimero lascia il posto alla matericità sottolineata dal segno minimo che è una sorta di esercizio estremo delle trasformazioni o forse del capovolgimento ideologico degli elementi in gioco.

About

Hanno scritto di me…

ARTURO CARLO QUINTAVALLE (1972)

I colori sono scelti entro una gamma ristretta e vengono prese in considerazione tutte le possibili loro combinazioni, è come se di un periodo di quel sistema di segni le possibilità espressive.

ROBERTO TASSI (1983)

Questi fogli di Candida Ferrari sono oggetti solidi, immobili, ben finiti, lungamente meditati e lavorati: ma contengono (ed è questa la loro novità e libertà, più che quella del materiale) -una forte carica di movimento e il senso nativo e fresco di una improvvisazione. Sembrano mossi e ripiegati dal vento come drappi ondeggianti nell’aria, ravvivati da fiamme rosse e gialle.

EMMA BERNINI (1985)

Il rigore di fondo, la convinzione di una necessaria organizzazione dello spazio, l’esperienza sui progetti della percezione, ritornano per informare una pittura fortemente emotiva ed emozionante ma allo stesso tempo controllata e meditata.

FRANCO FARINA (1985)

Emerge in questi lavori di Candida Ferrari una triplice chiave armonica: la prima chiave è data dal MOVIMENTO che è evidenziato dalla mancanza di precisazioni sceniche; la seconda dal fattore LUMINOSITÀ, ottenuto sfruttando la possibilità di trasparenza del plexiglas variamente ondulato per cui la luce corre in modo diversificato a secondo dell’incidenza; terza chiave è quella del CROMATISMO con variazioni innumerevoli sia nel possibile definirsi, sia nel suo sfumasi in soffici dissolvenze.

CLAUDIO CERRITELLI (1987)

Candida Ferrari è su una strada in cui l’opera è un flusso di energia totalizzante e l’immagine appartiene a un gioco ambiguo e indefinito, quasi un punto fermo di instabilità per l’occhio e la mente. Dunque: fragilità, precarietà, trasparenza. Questi miti persistenti nella cultura visiva contemporanea tornano in questa mostra con qualche emozione nella sua indagine spaziale.

LUCIANO CARAMEL (1987)

La stesura dei pigmenti intimamente si correla, anzi si fonde, con il morbido modellarsi a caldo del plexiglas in accidentati, mossi percorsi, che con il segno colore interferiscono dinamicamente, provocando instabilità percettiva (ecco i maturi frutti delle antiche sperimentazioni gestaltiche) ed un caleidoscopico trasformarsi, e palpitare, dell’immagine, per lo spostarsi oggettivo di chi guarda o dell’oggetto, ma anche per il variare della luce, della sua incidenza, della sua intensità.

ROBERTO TASSI (1983)

Questi fogli di Candida Ferrari sono oggetti solidi, immobili, ben finiti, lungamente meditati e lavorati: ma contengono (ed è questa la loro novità e libertà, più che quella del materiale) -una forte carica di movimento e il senso nativo e fresco di una improvvisazione, Sembrano mossi e ripiegati dal vento come drappi ondeggianti nell’aria, ravvivati da fiamme.

CLAUDIO CERRITELLI (1987)

Candida Ferrari, è sulla strada in cui l’opera è un flusso di energia totalizzante e l’immagine appartiene a un gioco ambiguo e indefinito, quasi un punto fermo di instabilità per l’occhio e la mente, dunque: fragilità, precarietà, trasparenza. Questi miti persistenti nella cultura visiva contemporanea tornano in questa mostra con qualche emozione nella sua indagine spaziale.

LUCIANO CARAMEL (1992)

E si tratta perciò di un’arte, per così dire, al femminile, nel significato più intenso del termine, in questo scendere trepido nella coscienza per farne uscire, rendendoli sensibili nella forma,tensioni e brividi ,ma anche una interna esigenza di chiarezza, di organizzazione che tuttavia appunto, per il suo sgorgare dall’intimo, non si da mai nei ton i asseverativi del progetto solo razionale, anche se ragione e mente restano poi preminenti nella particolare febbrilità di Candida.

WALTER GUADAGNINI (1993)

Attraversamenti, sono le opere di Candida Ferrari. Attraverso le discipline, attraverso le materie, attraverso i colori. Tutto si trasforma in luce, lo stratificarsi dei fogli di acetato è attraversato dai colori in uno spazio che diviene puramente immateriale, privo di estensione fisica. La domanda è se la luce possa farsi corpo e luogo, se l’evidenza del gesto possa trasformarsi in figura del tempo, se la forma possa perdersi per ritrovarsi emozione emotiva.

VITTORIA BIASI (2001)

Il bianco e la luce, quali linguaggi differenti procedure poetiche, entrano nel museo per tessere il loro “silenzioso dire” col dire delle voci passate, per fondersi col loro discorso, rifiutando convenzioni spaziali e temporali.

GIORGIO BONOMI 2005

Si comprende, dunque, perché’ l’uso plurimo dei materiali, sia quando sono supporto sia quando sono colore e materia, oltre che a testimoniare un’affettuosa curiosità e una razionale ricerca continua, ha proprio una funzione fondativa pittorica. Tanto che usi il “povero” bitume o la “lussuosa” foglia d’oro, quanto il “normale “acrilico” è sempre la pittura che vuole esprimersi attraverso una cromia irrinunciabile.

STEFANIA PROVINCIALI (2008)

Trasparenze che mutano col mutare delle luci, colori che si insinuano come trame di pensiero, leggere, fluttuanti espressioni delle potenzialità di un materiale quale la plastica trasformato ad uso dell’artista: Candida Ferrari prosegue la ricerca dentro la “luminosità” di un plexiglas trasparente, invaso dal colore, di un foglio sottile che si compone in altri fogli, testimonianza che ogni materiale può essere piegato a forma d’arte.

SANDRO PARMIGGIANI (2011)

L’opera di Candida Ferrari esprime il desiderio di uscire dalla dimensione tradizionale del quadro, attraverso l’utilizzo, come supporto dei suoi dipinti, di materiali trasparenti quali plexiglas, plastiche, acetati, carte speciali spesso metallizzateSi tratta di materiali duttili che possono essere forgiati nelle forme ideate dall’artista, essere arrotolati o tra di loro sovrapposti fino a integrarsi uno nell’altro queste superfici trasparenti ci appaiono così vaganti e sospese nello spazio e interagiscono continuamente con la luce, facendo intuire il rapporto tra profondità e superficie.

GIORGIO BONOMI (2011)

Le opere di Candida Ferrari possono anche sfogliarsi come libri, per cui non le parole bensì i segni, i colori, le luminosità sono quelle “ parole cangianti”, cioè che hanno la facoltà di cambiare colore secondo il punto di osservazione.

SIMONA TOSINI (2020)

Quello che affascina nelle sue opere sono i raffinati effetti di trasparenza che giocano con la luce e i colori, spesso scomponendosi in un insieme cromatico e compositivo, che si scompone in molteplici variazioni. L’elemento casuale e temporaneo è previsto nelle opere della Ferrari e può essere effetto dell’aria, del vento o eventualmente anche all’intervento di mani indagatrici e questo è certamente in linea con l’idea degli spazialisti di coniugare tempo e spazio tramite il gesto creatore dell’artista.

STEFANIA PROVINCIALI (2021)

Dietro tutto ciò c’è quella luce che è vita, espressa nell’incontro sofferto “indagatore“tra anima e materia, tra idea e rappresentazione, tra mezzo d’espressione e modalità d’accesso al pensiero”nella vita tutto quello che apprezziamo come leggero non tarda a rivelare il proprio peso insostenibile”(Calvino).

LUCA TEMOLO DALL’IGNA (2021)

Candida Ferrar ha sempre vissuto nel futuro realizzando dipinti e utilizzando materiali che oggi sono considerati all’avanguardia, ma che lei ha elaborato fin dai suoi esordi. Un entusiasmo irresistibile emana dai suoi occhi quando si parla d’arte. Lo spettatore diventa quindi protagonista, con la sua capacità percettiva e con i suoi pensieri di vedere la vera energia che queste opere trasmettono. Ecco cos’è Candida Ferrari: è tutto questo, è l’arte.

ENRICO MASCELLONI (2013)

La “porta stretta” del progetto è inevitabile per ogni artista che decide di dosare gli elementi fondanti dell’arte aniconica con il rigore della Ferrari. E tuttavia la leggerezza come motivo fondante e dichiarato, la palpabile percezione del tempo che scorre sull’opera insieme a una luce in addomesticabile, non sono mai stati motivi progettuali.

ALESSANDRA ALLIATA NOBILI (2018)

Nel percorso di Candida Ferrari la relazione fra materia, luce e colore è fondamentale. Abbandona i limiti imposti dalla cornice per dipingere su carte speciali, plexiglas e acetati trasparenti sovrapposti o modellati, su cui interviene con velature di colore.